Il termine Smart City affonda le sue radici negli anni ‘60, quando si parlava di “wired city” a Los Angeles. Non lontano dalla Silicon Valley, l’Ufficio di Analisi Comunitario della città californiana studiò e monitorò, grazie all’utilizzo di fotografie aeree ad infrarossi e l’uso di statistica assistita via computer, la qualità degli alloggi, il flusso di risorse e la lotta contro la povertà. Poco dopo, negli anni ‘80, è a Singapore che la prima cibernetica municipale determinò la pianificazione urbana della città-stato iperintegrata del Sud-est asiatico. Più tardi, anche San Francisco, Amsterdam e Barcellona hanno ridefinito il concetto di smart city.
L’irruzione della tecnologia nella pianificazione urbana, quindi, non è certo nuova, al contrario. In un futuro fatto di megalopoli e regioni urbane, ci vuole un atteggiamento ipertecnologico per soddisfare ogni aspetto della vita urbana, dall’accessibilità dei parchi fino alla gestione dei rifiuti, dall’energia fino alla parità di genere.
Le prime smart city
In sostanza, una città intelligente cerca attivamente di raccogliere dati e di rielaborarli attraverso l’intelligenza umana o artificiale, oltre che di prendere decisioni pesate facendo partecipare tutti gli attori e beneficiari della politica municipale. Risulta importante sottolineare come, in ogni progetto municipale, oltre alla tecnologia sempre in evoluzione, sia presente anche una forte componente sociale. Ecco, allora, da Amsterdam a Milano, da Tokyo a Singapore, qualche esempio di Smart City che ridefinisce il concetto stesso di città.
Amsterdam, Urbs Sapiens
La capitale olandese è un brillante esempio di “città intelligente” che ha saputo cogliere i benefici dello sblocco del pozzo dei dati. Dal suo inizio nel 2009, il progetto smart city è cresciuto talmente tanto che attualmente comprende oltre 170 iniziative. La sua forza? Collegare ben 12.000 fonti di dati rendendoli disponibili alle parti interessate e a tutti i cittadini, il tutto grazie alla piattaforma open source. Da qui la diffusione di app, mappe e servizi per muoversi al meglio in città, sviluppati dai privati stessi. Secondo il CTO della città, la raccolta a mano di tutti i dati costituiva un lavoro “molto, molto penoso”, e lo stesso sostiene che la vera rivoluzione nella raccolta sarà il 5G e l’IoT (Internet of Things). Come abbiamo visto, grazie agli strumenti di elettronica portatile sempre connessi, si potranno installare milioni di sensori nella città, con lo scopo di monitorare ogni parametro: inquinamento, illuminazione, rumore, traffico, ma anche felicità, presenza della natura e tanto altro. Il tutto, trasmesso, centralizzato e trattato in tempo reale grazie alla banda alta della rete 5G.
Una Milano social al servizio del cittadino
Milano Smart City Alliance, promossa da Assolombarda e formata da un comitato di nove imprese, ha come obiettivo concentrare le proprie forze al servizio della comunità e del singolo cittadino, evitando così un approccio verticale - caratteristica spesso presente nelle smart city. Il Comune meneghino vuole prima di tutto introdurre e rendere consuetudine lo smart working in questa città così congestionata, ridurre la bolletta municipale e rendere il cittadino partecipe grazie allo sviluppo di comunità energetiche (ne parlavamo in questo articolo). Inoltre, ha come obiettivo principale lo sviluppo della resilienza, ovvero la capacità di far fronte alle crisi senza portare al collasso il sistema. Di recente, diversi avvenimenti hanno modificato i flussi di lavoro, l’occupazione delle popolazioni è a rischio e in aggiunta, il piano energetico è da rivisitare. Per questo, Milano Smart City Alliance punta sull’intelligenza artificiale per “frullare" i milioni di data point che arrivano da sensori o sondaggi e tirare fuori delle politiche fatte su misura, validate da progetti pilota sperimentali.

Tokyo, assistenti robot per tutti
Cosa c’entrano i robot con le smart city? Beh, droni e assistenti autonomi sono solo la logica soluzione a tanti problemi rilevati dalla raccolta dati. Nel 2015, la capitale giapponese aveva avviato il Robot Revolution Council, l’obiettivo erano le Olimpiadi del 2020, e in particolare inondare la società con uno stormo di assistenti smart. A che pro? Nella metropoli più estesa al mondo, le distanze fisiche, l’isolamento sociale e la problematica deambulazione delle persone anziane, hanno scolpito la politica municipale del “servizio alla tua porta”. Non è un cliché: il Giappone è fan dei robot, ma anche per necessità; ci sono i robotaxi per sgombrare la metro (comunque eccellente) in ora di punta, i dino-robot al desk degli hotel per agevolare la fobia dell’interazione sociale, quelli che aiutano gli anziani a domicilio e infine robot per la pulizia. Addirittura, in occasione delle Paralimpiadi sono state inaugurate delle sedie a rotelle autonome.
Singapore e l’ipercontrollo
A Singapore invece, il governo sta sperimentando i robot con un obiettivo diverso: creare estensioni fisiche dei sistemi già esistenti per migliorare la gestione e il controllo della città. Nella città-stato alla punta della modernità, i robot e i sistemi automatizzati sono un'estensione "naturale" dell'ecosistema urbano intelligente esistente. Questa visione si sta dispiegando attraverso robot di consegna autonomi (le prove di consegna del drone di Singapore Post in collaborazione con gli elicotteri AirBus) e le navette senza conducente di Easymile. Nel frattempo, gli hotel di Singapore stanno impiegando robot di servizio sovvenzionati dallo stato per pulire le camere e consegnare la biancheria, mentre i robot per l'educazione della prima infanzia sono stati pilotati per capire come i possano effettivamente essere utilizzati nelle scuole materne. L'assistenza sanitaria e sociale è uno dei settori in più rapida crescita per i robot e l'automazione, sia a Singapore che nel mondo.
NEOM, la città del futuro
Ma come sarebbe una città non inondata di tecnologie smart, bensì concepita sin dall’inizio come iperconnessa? Può sembrare un’eventualità ancora lontana, ma è più vicina e reale di quanto si possa pensare. Si tratta di NEOM, la città del futuro, un progetto immobiliare da 500 miliardi di dollari, la nuovissima cognitive city che fiorirà nel deserto in Arabia Saudita.

Nella varietà di esuberanze alla cyberpunk presentate nel white paper iniziale, come i dinosauri robot per strada, i soliti robotaxi volanti e magari una luna galleggiante artificiale, la città del futuro spicca su tutto. Ricavata dalla sabbia, tutti i suoi 170 km di lunghezza, saranno dedicati interamente all’uomo, con distretti pedonali, giardini e resort di lusso. Il tutto, sotto una sorveglianza onnipresente. “Vogliamo regolare la sicurezza grazie ai sensori, affinché siano i computer a segnalare problemi e a prevenirli in autonomia”, dichiarano gli architetti del progetto. Oltre alle derive in "stile Robocop”, una smart city nuova di zecca permette di ridefinire l’organizzazione spaziale degli usi: sotto la superficie pedonale, ci saranno infatti i trasporti (tutti pubblici) ad alta velocità. Grazie alla tecnologia Hyperloop, la striscia urbana sarà connessa in meno di 20 minuti, con flussi di passeggeri e ritmi diretti dall’intelligenza artificiale. Chi dice smart dice ecologico, e per far emergere una metropoli dal deserto si richiede un’attenta valutazione delle risorse. Anche se l’Arabia Saudita è ricca di petrolio, NEOM sarà verde e sostenibile al 100%, promettono i promotori del progetto. Questo grazie all’onnipresenza della natura, dell’energia rinnovabile prodotta sul posto, ma soprattutto al sistema integrato di gestione dell’energia, dalla fonte fino al riciclo dei rifiuti (il terzo livello sotterraneo è dedicato a quest’ultimo punto).
Se il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman Al Sau’ud, dovesse vincere la scommessa, NEOM ridefinirà l’idea di città per i decenni a venire.